PRODUCT OF ITALY PRODUCT OF ITALY

Il garante interviene

Con due provvedimenti pubblicati all’inizio del mese di ottobre 2017, l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato ha ribadito che quando in un prodotto alimentare si riporta la scritta “Product of Italy” non bisogna confondere i consumatori sull’origine della materia prima. A finire nel mirino dell’Antitrust sono state due aziende di conserve vegetali, colpevoli di aver venduto vasetti di verdura sott’olio corredati da bandierine tricolore affiancate da diciture sull’italianità dei prodotti, quando la materia prima era di provenienza extra-europea.

 

Nel caso dell’azienda Citres è stata contestata la presenza della bandiera italiana e della scritta “Product of Italy” su vasetti di Pomodori secchi a filetti da 290 g e di Frutti del cappero da 540 g, provenienti rispettivamente da Turchia e Marocco. Secondo l’Agcm in entrambe le etichette la presenza di bandiere e di scritte sull’italianità dei prodotti può indurre i consumatori a pensare che le conserve siano preparate con verdure coltivate in Italia. “La dicitura “Product of Italy” – si legge nel provvedimento – accostata ad una bandierina italiana – presente sulle etichette apposte sui vasetti delle conserve – attribuisce ai prodotti stessi una provenienza geografica che, in realtà, non sarebbe corrispondente al vero dal momento che i pomodori secchi ed i capperi risultano importati rispettivamente dalla Turchia e dal Marocco”. La frase “Products of Italy” può indurre in errore sulla provenienza della materia prima alterando la capacità del consumatore di scegliere in modo consapevole.

 

I tre provvedimenti sembrano delineare un nuovo corso dell’Antitrust nei confronti dell’Italian sounding. La prima novità riguarda la natura delle segnalazioni che sono state proposte nei primi due casi dai Nas. Siamo di fronte a un’anomalia visto che solitamente i Nas quando riscontrano irregolarità inviano le segnalazioni  all’autorità giudiziaria e non all’Antitrust. L’altro elemento da considerare è che in genere Agcm interviene su casi di pubblicità scorretta, mentre i tre provvedimenti focalizzano l’attenzione sulle etichette dei prodotti alimentari e sull’origine della materia prima, un fatto non così frequente nella giurisdizione dell’Autorità degli ultimi anni.

 

Siamo di fronte a una questione delicata, perché problemi analoghi si riscontrano in molti prodotti e marchi, abituati a utilizzare bandiere, immagini e scritte e anche nomi di località per sottolineare l’italianità di alimenti preparati con materie prime importate. Vale la pena di ricordare che nei tre casi esaminati il  Codice doganale che permette la scritta Made in Italy rispettato, ma secondo l’Antitrust non è sufficiente a tutelare il consumatore. Per questo motivo l’Autorità ha chiesto e ottenuto dai produttori più trasparenza nell’indicare  in etichetta quando la materia prima non è italiana.